Kim Dotcom e la restituzione dei beni digitali

31 maggio 2013

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Su ordine dell’Alta Corte neozelandese, il boss del file hosting Kim Dotcom rientrerà in possesso dei suoi dati archiviati negli hard disk sequestrati nel corso del raid statunitense contro il mega-impero. In una serie di giubilanti cinguettii su Twitter, il founder di Megaupload ha annunciato la decisione del giudice kiwi Helen Winkelmann per una significativa evoluzione nel legal thriller del diritto d’autore.

La polizia neozelandese dovrà analizzare a fondo tutto il materiale digitale contenuto nei dispositivi di storage sequestrati nella villa di Dotcom, obbligata dal giudice a restituire tutte quelle informazioni che non risulteranno rilevanti ai fini del processo avviato dagli States per ottenere l’estradizione dell’imprenditore di origini tedesche.

Nello scorso giugno, la stessa High Court agli antipodi invalidava il mandato di perquisizione (e conseguente sequestro) ordinato dai federali statunitensi, ritenuto “eccessivamente generico” e non supportato da “accuse precise”. Nella tesi del giudice Winkelmann, i vertici del Federal Bureau of Investigation non avrebbero mai detenuto il diritto di trasferire in patria numerosi hard drive appartenenti al boss dei cyberlocker.

Per questo motivo, i federali a stelle e strisce dovranno rispedire in Nuova Zelanda i dispositivi clonati per un totale di oltre 150 terabyte di dati. Le stesse autorità statunitensi dovranno inoltre distruggere tutte le copie archiviate in seguito al sequestro degli hard drive di Dotcom. Il Bureau avrebbe dovuto chiedere il permesso di analizzare i dati alla ricerca di prove rilevanti per inchiodare l’impero del file hosting.



 
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