Dopo il via libera dalla commissione per le libertà civili (LIBE), il Parlamento Europeo ha approvato la proposta di direttiva comunitaria che inasprirà le pene per le più disparate tipologie di reato informatico, dalle semplici incursioni hacker ai più violenti cyberattacchi contro le infrastrutture critiche dei singoli stati membri.
In attesa del verdetto del Consiglio, le autorità del Vecchio Continente aggiorneranno un pacchetto di regole risalente al lontano 2005, adottando misure più severe contro un fenomeno in continua espansione come il cybercrimine. Ai vari stati membri dell’Unione Europea spetterà il compito di fissare quei termini massimi di reclusione – che comunque non dovranno essere inferiori ai due anni – per i reati di “accesso illecito o interferenza illecita a sistemi di informazione, interferenza illecita a dati, intercettazione illecita di comunicazioni o produzione e vendita intenzionale di strumenti usati per perpetrare tali reati”.
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“Navigazione sicura” è la nuova sezione del Rapporto di Trasparenza (Transparency Report) pubblicato da Google per informare i suoi utenti delle continue pretese di governi planetari e signori del diritto d’autore. Oltre alle richieste di rimozione dei contenuti o di consegna dei dati personali degli account, l’azienda californiana includerà tutti quei siti web legati alla distribuzione di malware piuttosto che al phishing.
Dal suo browser Chrome agli altri strumenti di navigazione online, la Grande G ha promesso di tenere al sicuro circa 1 miliardo di netizen, scovando le più svariate minacce informatiche in una lista di indirizzi pericolosi. Stando alle statistiche snocciolate dal gigante di Mountain View, le URL del malware verrebbero segnalate e raggruppate a gruppi di 10mila ogni 24 ore.
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Una vecchia conoscenza del cyber-crimine russo è recentemente tornata in piena attività, prendendo di mira gli utenti di Facebook e alcune fanpage contenenti link malevoli. Seguendo gli URL, denunciano gli esperti di sicurezza, i più sprovveduti finiscono con la macchina infettata da una variante del malware Zeus.
Strumento privilegiato in mano alla famigerata banda di cyber-criminali Russian Business Network, il malware resta dormiente finché l’utente del PC infetto non accede al proprio account bancario: a quel punto le credenziali di accesso vengono trafugate e trasferite ai server remoti controllati dai criminali.
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Android, la piattaforma mobile per smartphone e tablet più diffusa al mondo con oltre il 70% delle quote di mercato, è anche la preferita dai creatori di virus, che l’hanno messa nel mirino ormai da tempo. Tanto che ora, come dice l’ultimo rapporto di Kaspersky Lab, è il bersaglio del 99,9% dei malware in circolazione.
Il codice maligno più diffuso per Android sono i trojan, in particolare a FakeInst che vanta una percentuale del 30% e colpisce in particolare utenti russi che scaricano app da siti non sicuri, invece che su Google Play, lo store ufficiale realizzato da Google e che mette gli utenti al riparo da brutte sorprese.
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Avevano suscitato clamore e preoccupazione inserendosi nei sistemi di quotidiani, aziende e istituzioni statunitensi e ora, dopo una pausa seguita alle polemiche scatenate dalle loro attività, gli “hacker” cinesi sono tornati più che mai attivi nella loro opera di compromissione, installazione di backdoor e furto di ogni genere di dati e informazioni sensibili.
A comunicare il ritorno alla (quasi) piena operatività degli “attivisti” è ancora una volta Mandiant, la società autrice del rapporto che lo scorso febbraio aveva accusato di hacking/cracking anti-USA l’Unità 61398 dell’esercito cinese.
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Il programma FinFisher di per sè è legale, ma si ritiene che i regimi totalitari della Gran Bretagna lo sfruttino per spiare i cittadini e censurare l’opposizione. Ad accusare di questo la Gamma non ci sono solo i responsabili della Mozilla Foundation, che ha sviluppato il browser open source Firefox, ma in passao anche altre importanti aziende non hanno voluto far passare per uno dei loro prodotti un software che viola i diritti umani dei cittadini.
Secondo il team Mozilla, Finfisher è stato installato sul pc di alcuni utenti con la scusa che fosse un aggiornamento del browser Firefox. “non usateci per installare spyware” avrebbe detto a gran voce il team, che ha provveduto ad inoltrare Mozilla una lettera di diffida, avvertendo Gamma International di non usare più il marchio Firefox per occultare il programma. Sebbene lo strumento principalmente viene usato per monitorare le attività criminali, di recente FinFisher è stato impropriamente sfruttato per sorvegliare attivisti per i diritti umani e gli oppositori politici.
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Ogni giorno un grave pericolo informatico s’affaccia alla rete mondiale, e quel pericolo è l’utente stesso: lo sostiene la nuova versione del Security Intelligence Report di Microsoft (SIRv14), rapporto sui dettagli e i trend delle minacce IT che si rifà alla seconda metà dell’anno 2012.
Fra i dati messi assieme dal SIR spicca infatti il 24 per cento dei PC privi di antivirus, antimalware o di qualsiasi altra protezione contro i pericoli informatici provenienti dalla rete e non solo: in media, si sostiene nel SIR, questi PC non protetti hanno una possibilità 5,5 volte superiore di essere colpiti da infezioni virali o da qualcosa di molto peggio come botnet, backdoor e infezioni complesse multi-componente.
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