Proposta dal ministro alla Giustizia Alberto Ruiz Gallardón, una riforma del codice di procedura penale in terra iberica che permetterà agli agenti di polizia l’installazione coatta di software sulle varie apparecchiature informatiche di cittadini sospetti o in custodia cautelare. I cosiddetti trojan di stato potranno essere autorizzati da un giudice competente per la raccolta di informazioni utili da laptop, tablet e smartphone.
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Android, la piattaforma mobile per smartphone e tablet più diffusa al mondo con oltre il 70% delle quote di mercato, è anche la preferita dai creatori di virus, che l’hanno messa nel mirino ormai da tempo. Tanto che ora, come dice l’ultimo rapporto di Kaspersky Lab, è il bersaglio del 99,9% dei malware in circolazione.
Il codice maligno più diffuso per Android sono i trojan, in particolare a FakeInst che vanta una percentuale del 30% e colpisce in particolare utenti russi che scaricano app da siti non sicuri, invece che su Google Play, lo store ufficiale realizzato da Google e che mette gli utenti al riparo da brutte sorprese.
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I tecnici della Symantec avrebbero individuato un malware, denominato Crisis, che si sarebbe rivelato particolarmente pericoloso per via del fatto di essere multipiattaforma; raramente infatti le minacce informatiche vengono concepite per infettare sistemi operativi differenti.
Nello specifico, Crisis è stato classificato inizialmente come un Trojan per (Mac) Os X, successivamente si sarebbe però scoperto che esso è in grado di agire anche su PC Windows, su dispositivi gestiti tramite Windows Mobile (non su Windows Phone) e su piattaforme virtualizzate.
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Generalmente ci si immagina che i creatori di virus e malware in generale se ne stiano ben nascosti e lascino operare il frutto del loro lavoro.
L’esperienza di alcuni ricercatori di AVG, invece, dimostra che ci sono anche hacker affamati di attenzione e piuttosto arroganti.
I ricercatori stavano lavorando su un malware sospettato di rubare i codici di Diablo III quando all’improvviso nella macchina virtuale che eseguiva il malware per studiarlo è apparsa una finestra di chat.
“Che state facendo? Perché analizzate il mio trojan? Che cosa volete da lui?” – è questo è il testo del messaggio comparso di punto in bianco, e non si trattava di un software, ma era davvero l’autore del malware che si era mostrato.
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