Anonymous contro Wikileaks per i banner che promuovono la raccolta fondi

14 ottobre 2012

Anonymous all’attacco di Wikileaks. Il collettivo di hacktivist ha espresso rabbia nei confronti del sito di Julian Assange per la presenza di troppi banner per la campagna di raccolta fondi. Diversi utenti Twitter legati al gruppo di hacker, uno dei principali sostenitori di Julian Assange, hanno pubblicato messaggi di condanna per le pubblicità apparse di recente. Inoltre gli Anonymous hanno espresso il loro dissenso in una lettera aperta, in cui si definiscono arrabbiati .

“Wikileaks ormai sta diventando lo show personale di Assange”, ha scritto qualcuno. Il denaro serve “per pagare gli avvocati di Assange”, rifugiato da mesi nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per sfuggire ad una richiesta di estradizione da parte della Svezia. “Siamo preoccupati per la direzione che sta prendendo Assange”. E le critiche non si sono fermate ricordando anche il recente incontro Assange-Lady Gaga molto pubblicizzato.

E ancora: “Cari amici di Wikileaks, avete perso i vostri ultimi alleati. Spero muoriate in un incendio”. I banner comparsi su Wikileaks coprono parti del sito web e chiedono donazioni oppure di condividere la campagna per la raccolta fondi su Facebook e Twitter. Gli esponenti di Anonymous hanno dichiarato che questi contenuti tradiscono lo spirito che ha sempre contraddistinto Wikileaks, che ha pubblicato migliaia di informazioni riservate. Ma non solo. Nella comunità di hactivist c’è grande preoccupazione perché si teme che Wikileaks diventi a pagamento. Ora infatti è sempre più difficile accedere ai contenuti senza che si apra un pop up in cui vengono chiesti soldi o aiuti.

A far arrabbiare gli Anonymous c’è anche un altro fatto: il collettivo di hacker in passato ha aiutato Assange e i suoi compagni con un’operazione contro PayPal che aveva sospeso il servizio di pagamenti per Wikileaks. E l’operazione era stata condotta proprio per vendicarsi di chi voleva Wikileaks in ginocchio e senza soldi. Ora, però, questo tentativo di trasformare i leaks in un business non piace proprio ai paladini della libertà di informazione e di espressione sul web.

Poche ore dopo, ha riferito lo stesso Anonymous su Twitter, il banner è stato tolto dal sito di Wikileaks. Dal canto suo, Wikileaks ha spiegato che “twittare, condividere o donare non sono un paywall” (una barriera a pagamento, ndr), e ha rimandato ai sistemi di blocco e donazioni in uso sul sito di Assange.



 
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